Imposte dirette

24 Luglio 2024

Conferimento d'azienda, gli ammortamenti vanno integralmente imputati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19649/2024, si è pronunciata sulla deducibilità degli ammortamenti dei beni costituenti l’azienda conferita, che dovrebbero venire integralmente dedotti dalla conferitaria.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16.07.2024, n. 19649, si è pronunciata su varie tematiche fiscali, tra le quali merita specifica considerazione il passo che recita testualmente: “il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti”.

Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti si considerano in tal caso possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. La disciplina legislativa, quindi, stabilisce, come sopra evidenziato, la neutralità fiscale dei conferimenti di azienda e la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, per cui la società conferitaria subentra nella medesima posizione della conferente in ordine alle attività e passività formanti il compendio aziendale conferito.

In definitiva, il conferitario assume in linea di principio il costo storico delle immobilizzazioni e il relativo fondo di ammortamento, quale risulta dal bilancio dell’esercizio anteriore al conferimento. Di conseguenza, il conferitario effettua gli ammortamenti per l’intero periodo, secondo il piano del conferente, mentre il conferente non può effettuare gli ammortamenti per il periodo di esercizio anteriore al conferimento, né può dedurli, attesa la portata derogatoria dell’art. 176, cc. 1 e 4 del Tuir. Il riportato passo della sentenza non appare condivisibile.

In ordine al richiamo operato dalla Cassazione all’art. 176, cc. 1 e 4 del Tuir, si sottolinea come il regime fiscale dell’operazione di conferimento, nell’ambito dell’art. 176, c. 4 del Tuir, venga rappresentato in ordine a ben individuate fattispecie di subentro della conferitaria nei diritti fiscali del soggetto conferente, del tutto estranee al paradigma di subentro retroattivo al 1.01 dell’anno di conferimento in ordine al processo di ammortamento dei singoli asset del conferente, come, invece, ritiene di prospettare la Corte di Cassazione.

Testualmente l’art. 176, c. 4 del Tuir espone: “Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime fiscale di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente ….in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio”.

In ordine al primo periodo e alla piena prosecuzione del periodo di anzianità di possesso dell’azienda conferita esso ha il solo scopo di consentire alla conferitaria il subentro nei diritti fiscali insiti nella universitas come modello organizzato d’impresa. La prosecuzione ininterrotta del possesso dell’azienda rileva ai soli fini dell’art. 86, cc. 2 e 4 del Tuir, dal momento che, dalla ricongiunzione delle due norme, deriva che riassume la prerogativa della “plusvalenza realizzata”, rateizzabile, quindi, per quote costanti secondo la tempistica prevista al comma 4 (sino a 5 periodi d’imposta), anche la cessione in modo unitario e a titolo oneroso delle aziende, compreso l’avviamento, complessivamente possedute per un periodo non inferiore a 3 anni.

L’art. 176, c. 1 del Tuir, poi, definisce il subentro su base analitica e non per masse dei beni costituenti l’azienda conferita, allo scopo di tutelare le ragioni del Fisco con l’invarianza dei singoli valori fiscalmente riconosciuti in ordine alla composizione patrimoniale dell’azienda medesima, senza la previsione di effetti retroattivi di sorta.

Con l’unione dei commi 1 e 4 dell’art. 176, il legislatore, a fronte della mancata insorgenza di ogni sorta di rilievi impositivi, persegue solo la piena perpetuità di ogni dinamica fiscale pendente e indicativo in tal senso è proprio l’inciso legislativo che raccorda fiscalmente all’azienda conferita i medesimi valori già detenuti dai singoli elementi dell’attivo e del passivo che la formano. Lo specifico abbinamento letterale di “azienda” e di “valori” e cioè di una universitas rerum costituente giuridicamente un unicum con l’espressione linguistica al plurale “valori”, è solo sintomatica dell’intento legislativo di imporre l’immobilismo valutativo di ogni singolo costo fiscalmente riconosciuto al momento del conferimento, senza però che in tale travaso di valori fiscalmente maturati possa rendersi intravedibile un qualsiasi effetto retroattivo di conseguenze fiscali.

Lo scopo perseguito dal legislatore è solo quello di coordinare un trasferimento dell’azienda cautelativo delle ragioni erariali, senza che esso possa divenire occasione per una nuova oculata distribuzione di valori fiscalmente riconosciuti sui singoli beni (da quelli a lenta velocità di deduzione fiscale, come ad esempio, gli immobili, a quelli che consentono un più rapido diritto di deduzione fiscale, come i beni merce), pur preservando in termini di valore assoluto l’unitario valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita. Dall’art. 176, c. 1 del Tuir, quindi, deriva solo l’obbligo di trasmissione dei valori fiscalmente riconosciuti per precisa identità, su base singola e analitica, dal conferente alla conferitaria e non effetti retrattivi in ordine al processo di ammortamento dei medesimi.

Peraltro, e in conclusione, se il rateo di ammortamento di competenza del conferente venisse dedotto dalla conferitaria si avrebbe uno sfalsamento del reddito d’impresa sia del primo che della seconda (il primo per eccesso, il secondo per difetto).

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