Imposte dirette
24 Ottobre 2024
L’Agenzia delle Entrate, con la pubblicazione delle prime Faq, risponde su condizioni di accesso e cause di esclusione.
Giunti al rush finale verso l’imminente scadenza del concordato preventivo biennale (CPB), l’Agenzia delle Entrate pubblica le prime Faq. Dopo la circolare 17.09.2024, n. 18/E, le risposte di recente pubblicazione costituiscono l’ulteriore chiarimento di prassi da parte dell’Amministrazione Finanziaria ai dubbi e perplessità sull’applicazione partica di un istituto che sembra avviarsi verso un flop annunciato. Ma passiamo al commento di alcune di queste risposte; in particolare quelle riferite a condizioni di accesso e cause di esclusione.
L’Agenzia delle Entrate sul quesito relativo all’omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi in almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quello di applicazione del CPB, quale condizione ostativa al suo accesso, conferma che la dichiarazione presentata oltre i 90 giorni si considera a tutti gli effetti omessa, come previsto dalle vigenti disposizioni. Quindi, ai fini dell’accesso all’istituto, resta valida la dichiarazione tardiva, purché trasmessa nel termine massimo di 90 giorni dalla scadenza.
Tra le cause di esclusione, l’art. 11, c. 1, lett. b-quater) D.Lgs. 13/2024 prevede i casi in cui, nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato, la società o l’ente, risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l’associazione di cui all’art. 5 D.P.R. 22.12.1986, n. 917 è interessata da modifiche della compagine sociale. Il quesito chiede di chiarire se tale disposizione possa essere applicata anche alle modifiche all’interno dell’impresa familiare. La risposta delle Entrate è negativa, in quanto l’impresa familiare ha natura individuale e non collettiva, per cui, stando al tenore strettamente letterale della norma, l’ipotesi di esclusione è applicabile soltanto a enti di natura collettiva (società e associazioni professionali).
Altro caso analizzato è quello relativo alla presenza di debiti tributari e contributivi di ammontare residuo uguale o superiore a 5.000 euro che costituisce causa ostativa all’accesso al concordato. L’Agenzia delle Entrate conferma che il limite di 5.000 euro si riferisce all’importo complessivo tra debiti contributivi e debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate.
Da ultimo, ma non di minore importanza, il quesito relativo alla presenza di redditi esenti in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio di impresa o di arti e professioni. La causa ostativa è indicata dall’art. 11, c. 1, lett. b-bis D.Lgs. 13/2024.
La ratio della norma è quella di evitare distorsioni nel meccanismo applicativo dell’istituto e pertanto la presenza di redditi esenti superiori alla predetta soglia non consente l’accesso al concordato. Sono sorti numerosi dubbi su quali possono essere i possibili casi interessati e l’Agenzia delle Entrate, nel ricordare che la norma fa riferimento a redditi o quote di redditi, in tutto o in parte esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, a titolo esemplificativo, ne cita soltanto due:
1. le imprese che esercitano la pesca costiera o in acque interne e lagunari, che beneficiano di un’esclusione dalla base imponibile pari al 64%;
2. i docenti e ricercatori, che al ricorrere di determinate condizioni, godono di una esenzione nella misura del 90% del reddito di lavoro autonomo.
Su quest’ultimo quesito, a mio avviso, restano ancora molti dubbi aperti.