Imposte dirette
30 Settembre 2024
Proverò a spiegare – a volte il Fisco necessita di leggerezza – quel che penso del concordato preventivo biennale, parafrasando Carlo Emilio Gadda.
Scrisse un romanzo, Carlo Emilio Gadda, intitolato “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, ambientato nella Roma del 1927. Una storia che era anche il ritratto di una città e di una nazione degradate dalla follia del Ventennio, dove si riversava a ondate tumultuose una realtà perturbata e molteplice. Fin qui la digressione letteraria.
Quale similitudine con il concordato preventivo biennale? Ebbene, una sorta di tirannia sembra appalesarsi in un Fisco che, nonostante il tentativo di riforma fiscale, sta insistendo per far capire che meglio sarebbe aderire, onde evitare possibili controlli. Sebbene tale rischio sia smentito dalle dichiarazioni ufficiali, nel cassetto fiscale dei contribuenti giace una missiva non proprio rassicurante e del tutto conflittuale rispetto alle rassicuranti parole dell’Amministrazione Finanziaria: si legge, infatti, un monito che non presta fianco a dubbi o a interpretazioni di sorta: in prima pagina, dopo avere tracciato per sommi capi i benefici effetti dell’adesione, nella parte finale “Si ricorda che l’art. 34, c. 2 D. Lgs. 13/2024 prevede che L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di Finanza programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”.
È opportuno precisare che la parte in grassetto non è una mia licenza, ma un’enfatizzazione voluta dall’estensore della comunicazione, evidentemente finalizzata a rimarcare l’importanza degli effetti di una mancata adesione e della decadenza del patto con il Fisco. Salvo attendere gli sviluppi della vicenda e richiamato il fatto che, almeno all’inizio, il concordato preventivo doveva riguardare solo i contribuenti ISA virtuosi, ossia con alti punteggi, si è poi generalizzata la possibilità di accesso, cercando di rendere tale istituto più attraente mediante vari “incentivi”: la previsione di una flat tax incrementale, ossia una tassazione di assoluto favore dell’eccedenza di reddito concordato rispetto a quello del periodo d’imposta precedente; l’abbattimento alla metà delle sanzioni quando sono irrogate per violazioni riferibili ai periodi d’imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale non accolta dal contribuente. Quest’ultima riduzione si applica, peraltro, anche quando è irrogata una sanzione in relazione a violazioni riferibili ai periodi d’imposta e ai tributi, oggetto della proposta, nei confronti di un contribuente decaduto dall’accordo di concordato preventivo biennale per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano. Infine, seppure solo se ipotizzato, si profila una sorta di condono fiscale, per il periodo 2018–2022, riservato solo a coloro che aderiranno al concordato preventivo, così chiudendo definitivamente la porta a possibili accertamenti su tali annualità.
Insomma, una riedizione di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, anche se, questa volta, tutto si svolge in via XX Settembre …
L’Agenzia delle Entrate spinge all’adesione; i contribuenti, invece, sembrano decisamente e convintamente respingere, salvo rarissime eccezioni. Il tempo, come sempre, sarà buon giudice.