Società e contratti

28 Settembre 2024

Compensi indeducibili per consulenza professionale non deliberati

I compensi corrisposti agli amministratori sia per lo specifico incarico di amministratore, sia per le consulenze professionali devono essere previsti, a pena di indeducibilità, nello statuto ovvero in una delibera assembleare (Cass., ord. 24.07.2024, n. 20613).

Nel caso in esame, una S.r.l. impugnava un avviso di accertamento in cui veniva contestata la deducibilità dei costi per prestazioni di consulenza (in particolare, servizi logistici e informatici collegati alla gestione degli appalti e progetti informatici customizzati) forniti dagli amministratori a favore della stessa società in quanto considerati come una forma di retribuzione periodica (ossia compenso) sprovvista della dovuta delibera dell’assemblea dei soci.

In sede di impugnazione della sentenza di secondo grado (già favorevole all’Agenzia delle Entrate), la società denunciava la violazione e la falsa applicazione degli artt. 109 del Tuir e 2729 e 1415 c.c., in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3) c.p.c., per avere la C.T.R. disconosciuto la deduzione dei costi (inerenti) relativi ai contratti di consulenza conclusi con i propri amministratori in mancanza di prove dell’effettiva sussistenza di un accordo simulatorio. Sulla questione la Suprema Corte ha osservato che:

– (in linea generale) i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea (ex art. 2389, c. 1, c.c.). In particolare, se non stabilito dallo Statuto, nelle società prive di consiglio di sorveglianza è l’assemblea ordinaria che determina il compenso degli amministratori e dei sindaci (nella sentenza 25.03.2024, n. 8005, la Cassazione ha stabilito che l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 c.c., fatto salvo il caso in cui un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. Si veda anche Cass. 9.08.2022, n. 24471);

– (nello specifico) la disciplina relativa al compenso spettante agli amministratori è dettata anche nell’interesse pubblico al fine del regolare svolgimento dell’attività economica. In particolare, si tratta di una normativa imperativa e vincolante (ai fini dell’art. 1418, c. 1 c.c.) che non può essere derogata attraverso il ricorso a contratti di consulenza di prestazione intellettuale, senza il rispetto delle formalità prescritte.

In virtù dei principi sopra illustrati, gli Ermellini hanno quindi confermato che i compensi corrisposti agli amministratori sia per lo specifico incarico di amministratore sia per le consulenze professionali devono essere previsti, a pena di indeducibilità, nello statuto ovvero in una delibera assembleare.

Le conclusioni espresse dalla Suprema Corte destano molte perplessità. Infatti, in relazione agli eventuali incarichi di consulenza attribuiti agli amministratori al di fuori dell’incarico del mero rapporto di amministrazione, fatti salvi i casi di eventuali ipotesi di simulazione (il cui onere della prova è comunque sempre a carico dell’Amministrazione Finanziaria), appare eccessivo richiedere che la relativa liquidazione venga deliberata dall’assemblea (si veda anche Cass. n. 15822/2016).

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