Imposte dirette
29 Settembre 2022
Secondo la Cassazione, la violazione senza la preventiva apposizione del visto di conformità costituisce violazione meramente formale da valutare ex post.
La mancata apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione contenente un credito compensabile non costituisce una violazione sostanziale, atteso che, a posteriori, sia riscontrata la bontà del credito stesso. È questa in estrema sintesi l’interpretazione data dalla Cassazione nell’ordinanza 1.09.2022, n. 25736.
Prevalenza della sostanza sulla forma è il ragionamento che hanno seguito i giudici della Suprema Corte, sposando la linea che si attaglia al contenuto delle norme vigenti. In particolare, l’art. 10, c. 3 dello Statuto del contribuente già prevede la non applicabilità delle sanzioni quando la violazione si traduce in un mero errore formale. Inoltre, l’art. 6, c. 5-bis D.Lgs. 472/1997 dispone che non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’azione di controllo dell’Amministrazione Finanziaria e che non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.
La Cassazione, accogliendo il ricorso del contribuente, conferma l’orientamento in base al quale gli errori meramente formali non sono sanzionabili, sulla scorta delle norme sopra citate. Tale impostazione ricalca peraltro le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 3.08.2001, n. 77/E. La nozione di violazione meramente formale è perciò legata alla necessaria e contemporanea presenza di 2 requisiti fondamentali:
Nel caso di specie la mancanza del visto di conformità a fondamento del diritto all’utilizzo in compensazione di un credito fiscale viene considerato un requisito di tipo formale, posto che tale credito, dal momento che emerge da una dichiarazione fiscale regolarmente presentata, può essere tranquillamente controllato e verificato dall’Agenzia delle Entrate. La sua mancata apposizione viene di fatto sanata ex post nel momento in cui l’Amministrazione Finanziaria ha verificato la sussistenza di tutti i presupposti sostanziali del credito.
Secondo il ragionamento della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe il diritto di negare la sussistenza del credito per il solo fatto della mancata apposizione del visto, ma solo dopo averne verificato la non spettanza per effetto di una accurata verifica documentale. In buona sostanza, la funzione del visto di conformità, secondo la Cassazione, sarebbe unicamente quella di garantire un controllo anticipato da parte di un professionista abilitato che attesta l’esistenza e la spettanza del credito fiscale. Tuttavia, l’assenza di tale adempimento non è di per sé idonea a precludere il diritto all’utilizzo in compensazione, dal momento che, sul piano sostanziale, non vi è alcun pregiudizio per l’Erario.
Si tratta di una presa di posizione che potrà avere un impatto significativo nel rapporto tra Fisco e contribuente, perché determina un’inversione di ruoli, in quanto impone all’Amministrazione Finanziaria di effettuare le preventive verifiche sulla reale sussistenza del credito, prima di contestarlo, senza negarlo in via pregiudiziale, per effetto della mancata apposizione del visto, costringendo il contribuente a dover agire in giudizio.