Diritto privato, commerciale e amministrativo
08 Agosto 2022
Importanti sentenze indicano i criteri per determinare la consistenza dei redditi in sede di separazione. Una casistica utile sui parametri di quantificazione dell’assegno di mantenimento.
È bene premettere che la separazione dei coniugi, a differenza dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato l’assegno di mantenimento in favore del coniuge richiedente sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. L’assegno corrisposto in sede di separazione coniugale a titolo di mantenimento ha una finalità totalmente differente rispetto all’assegno divorzile: il primo si colloca in un momento nel quale ancora permane il vincolo matrimoniale ed è volto a consentire al coniuge richiedente di mantenere il medesimo tenore di vita, anche nella prospettiva di ricongiungimento. Il secondo opera quando il vincolo di coniugio è ormai venuto meno e si pone come un sostentamento a favore del coniuge che non ha redditi sufficienti per un suo adeguato mantenimento o, comunque, che ha sacrificato la sua vita per scelte condivise con l’altro coniuge rimanendone penalizzato.
Premesso quanto sopra, in questa sede, sono significative alcune sentenze.
Per la determinazione dell’assegno di mantenimento assumono rilievo anche i redditi dei coniugi occultati al Fisco (Cassazione civile sez. I, 19.07.2022, n. 22616). Infatti, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza dei coniugi a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo rilievo anche i redditi occultati al Fisco, all’accertamento dei quali l’ordinamento prevede strumenti, quali le indagini della polizia tributaria.
Anche le quote societarie detenute vanno incluse nel computo dei redditi (Cassazione civile sez. VI, 24.02.2022, n. 6103). Vanno, pertanto, imputati gli utili non distribuiti delle società a reddito della persona fisica tenuto conto che l’accertamento del giudice mira a quantificare le somme effettivamente disponibili dalle parti.
È chiaro anche che le dichiarazioni dei redditi hanno valore solo indiziario nella determinazione dell’assegno di mantenimento (Corte appello Torino, sez. fallimentare, 24.01.2022, n. 70), in quanto, qualora il coniuge obbligato sia lavoratore autonomo, le sue dichiarazioni dei redditi non assumono rilievo probatorio: tali dichiarazioni hanno una funzione tipicamente fiscale e nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario non hanno alcun valore vincolante per il giudice.
Va anche valutata la concreta possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita da parte del coniuge richiedente (Cassazione civile, sez. I, 6.09.2021, n. 24049), in quanto l’attitudine al lavoro dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche.
Il giudice, quindi, deve tenere conto non soltanto dei redditi in denaro, ma anche di tutte le utilità o capacità del coniuge suscettibili di valutazione economica.