IVA

13 Giugno 2024

Come determinare ai fini Iva il costo dei beni ad uso gratuito

L’Iva riguarda anche operazioni gratuite per parità di trattamento tra soggetti Iva e consumatori. La sentenza C-207/23 afferma che il criterio del prezzo di costo, quando applicabile, include costi indiretti e parti non tassate.

L’Iva è applicabile alle operazioni a titolo oneroso. Tuttavia, anche alcune operazioni gratuite sono assimilate a quelle onerose per esigenze di sistema. Un tempo questa caratteristica comportava problemi importanti perché con la disciplina domestica si tassava sempre il valore normale delle operazioni gratuite (il barista si fa un caffè e batte lo scontrino); dal 2011, la situazione normativa si è stabilizzata uniformandosi ai criteri previsti dalla direttiva Iva 112/06/UE.

La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea C-207/23(Finanzamt X vs. Y KG) rimarca anzitutto che le operazioni gratuite, assimilate a quelle a titolo oneroso, sono tali anche se realizzate tra 2 soggetti passivi Iva. È, pertanto, irrilevante la circostanza che l’Iva applicata per rivalsa è comunque recuperabile dal beneficiario che utilizza beni e servizi ottenuti gratuitamente in regime di impresa.

L’obiettivo delle norme è quello di garantire la parità di trattamento tra il soggetto passivo che prelevi un bene o che fornisca servizi per proprie esigenze private o per quelle del proprio personale e il consumatore finale che si procuri un bene o un servizio dello stesso tipo. Ciò richiede l’estensione dell’applicazione dell’Iva a tutte le operazioni gratuite senza distinzione che dipendono dallo status del beneficiario e che richiederebbero apposite verifiche. L’unica eccezione prevista dalla Direttiva riguarda i campioni gratuiti e i regali di modico valore.

Gli euro-giudici affrontano, poi, il delicato tema della base imponibile delle operazioni gratuite, come identificate dagli artt. 16, 18 e 26 della Direttiva.

La disciplina vigente, in conformità agli artt. 74-76 della Direttiva Iva prevede a questo proposito 2 distinti criteri:

  • per le cessioni di beni gratuite, la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni;
  • per le prestazioni di servizi consistenti nell’utilizzazione di un bene destinato all’impresa per l’uso privato e per le prestazioni di servizi effettuate a titolo gratuito, la base imponibile è costituita dall’importo delle spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione della prestazione di servizi.

Il tema controverso riguarda i casi in cui si debba ricorrere al (prezzo di) costo. Per i beni si tratta di un criterio residuale in quanto per le cessioni di beni gratuiti occorre privilegiare l’esistenza di prezzi di acquisto per beni simili. Ebbene, secondo le indicazioni della Corte, il criterio del costo comporta che esso debba includere non solo i costi diretti di fabbricazione o di produzione, ma anche i costi indirettamente imputabili, come le spese di finanziamento, indipendentemente dal fatto che tali costi siano stati o meno gravati da imposta sul valore aggiunto a monte.

Questa precisazione è molto importante in quanto la convinzione di poter calcolare il costo dei prodotti gratuiti tenendo conto solo del costo diretto e comunque solo dei componenti sui quali è stata detratta l’Iva è piuttosto diffusa. La Corte, tuttavia, evidenzia che né l’art. 74 né l’art. 79 della Direttiva offrono alcuno spunto per supportare questa conclusione.

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