Accertamento, riscossione e contenzioso
07 Febbraio 2022
La regola secondo cui, in caso di contestazione del consumo da parte dell’utente, grava su chi fornisce l’energia elettrica la prova che il contatore funziona correttamente, ha valore anche se il contatore è di proprietà altrui.
Fatto: la società Alfa ha somministrato energia elettrica alla società Beta, acquistandola a sua volta da un altro soggetto. Con decreto ingiuntivo, Alfa ha preteso il pagamento di 65.503,51 euro per consumi di energia elettrica, che Beta ha contestato, facendo presente che i consumi erano anomali rispetto ai periodi precedenti e che probabilmente ciò era dovuto a un malfunzionamento del contatore. Il Tribunale ha riconosciuto provato l’ammontare dei consumi, mentre la Corte di Appello ha riformato integralmente la decisione di primo grado, ritenendo che, a fronte della contestazione circa il funzionamento del contatore, era onere del somministrante provare che invece funzionava. Il procedimento si è concluso con l’importante sentenza della Cassazione civile (sez. VI, 10.12.2021, n. 39265).
La Suprema Corte ha ritenuto che la tesi del ricorrente in Cassazione fosse infondata nella misura in cui postula che la regola per cui è il somministrante a dover dimostrare il corretto funzionamento del contatore non vale quando il somministrante non ha la disponibilità dello strumento, che appartiene ad altri. Questa tesi, infatti, non tiene conto del fatto che il somministrante si avvale anche in questo caso della prestazione del titolare del contatore, a cui chiede la lettura ai fini della fatturazione. Chi vende l’energia elettrica, comprandola a sua volta da altro soggetto, riceve da costui le informazioni sui consumi e, di conseguenza, ha l’onere di pretendere dal dante causa la dimostrazione che quei consumi sono correttamente calcolati.
In sostanza, la regola, secondo la quale grava sul somministrante la prova che il contatore funziona, va intesa nel senso che tale onere sussiste anche se il contatore è di proprietà altrui, in quanto ciò non impedisce al somministrante di dare la prova richiesta, ben potendo costui richiederla al proprio dante causa, ossia a colui da cui compra l’energia da somministrare a terzi.
Senza tacere del fatto che il cliente finale non ha alcun rapporto con il fornitore primario, né con costui ha un rapporto di fatto qualificato che possa comportare l’obbligo di richiedere informazioni o il diritto di riceverne. Ove, infine, tale prova sia fornita, il consumatore può, comunque, dimostrare che gli scatti non gli sono addebitabili per fatto a lui non imputabile. Si tratta, cioè, di una prova che mira a evitare l’addebito nel caso in cui il somministrante abbia comunque dimostrato che il contatore funziona, e a fornire una spiegazione alternativa dell’eccessività dei consumi.
Per riassumere i principi delineati e fornire, alla luce della sentenza della Cassazione menzionata, le indicazioni al consumatore su come difendersi da eventuali richieste esose dei somministranti l’energia elettrica, si rappresentano 2 motivi di contestazione: