Società e contratti
09 Dicembre 2023
In caso di cessione d’azienda comprensiva di crediti verso l’Erario, non serve l’osservanza delle forme rituali dell’art. 36 D.P.R. 602/1973 affinché si perfezioni l’effetto traslativo del credito fiscale, essendo sufficienti le regole pubblicistiche del trasferimento d’azienda.
La vicenda processuale cui è riferita la sentenza della Corte di Cassazione 22.11.2023, n. 32445 trae origine da un credito Irpeg per l’anno d’imposta 1990 ritualmente esposto in dichiarazione e chiesto a rimborso da una società, la quale il 30.12.1991 aveva ceduto l’intero ramo di azienda assicurativo, comprendente anche il succitato credito Irpeg.
Intervenuta la fusione per incorporazione, verificando che alcun rimborso era stato corrisposto alla società incorporata, era stata sollecitata la restituzione, impugnando quindi dinanzi alla C.T.P. di Roma il silenzio-rifiuto formatosi su detta istanza.
La C.T.P. di Roma aveva accolto in toto la domanda della società, mentre la C.T.R. del Lazio, nel pronunciarsi sull’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria avverso la suddetta decisione, ritenne non spettante il credito in quanto non documentato nelle forme di legge (art. 43-bis D.P.R. 602/1973).
La Corte di Cassazione adita dalla contribuente ha ritenuto invece e conclusivamente legittimo il diritto restitutorio.
La sentenza in commento del giudice di Cassazione appare del tutto condivisibile dal momento che, nel caso di cessione d’azienda, trova applicazione l’art. 2559 c.c., che, al comma 1, prescrive che “la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel Registro delle Imprese”.
La cessione dei crediti che avviene in occasione di una cessione d’azienda non necessita, quindi, di un autonomo e separato atto notificatorio, in quanto l’effetto traslativo si verifica già sulla base di diversi automatismi di legge. La cessione di un’azienda (o di un suo ramo) a una società genera la vicenda circolatoria di una universitas che comporta per legge, salvo preciso patto contrario, la cessione dei crediti relativi al suo esercizio, compresi i crediti d’imposta vantati verso l’Erario.
Ai fini dell’efficacia nei confronti di quest’ultimo, non occorre procedere alla notifica ai sensi dell’art. 69 R.D. 2440/1923, discendendo i relativi effetti dall’adempimento delle formalità pubblicitarie presso il Registro delle Imprese, secondo quanto disposto in via generale dall’art. 2559 c.c. (Cass., sez. V, 19.10.2021, n. 28787).
Ai sensi dell’art. 2555 c.c. l’azienda non è una mera somma di beni, ma un modulo organizzato di beni, caratterizzato da una reciproca sinergia di funzioni tra tutti i suoi elementi. Sul piano civilistico, quindi, l’azienda viene fatta assurgere all’esclusiva vocazione di un unitario bene strumentale asservito alle dinamiche imprenditoriali di un’attività economica. Tale prerogativa di modello organizzato di beni in vista del conseguimento di uno scopo unitario, diverso e distinto dalle specifiche utilità dirette che individualmente i beni sono in grado di generare, consente di raccordare il paradigma dell’azienda a un quid novi distinto dagli elementi che la formano, ossia di connotare l’azienda come un bene singolo dotato di un regime giuridico-economico del tutto proprio.
Il fondamento giuridico dell’azienda come un bene unico, sempre nuovo e diverso dalle sue componenti, viene essenzialmente fatto derivare dal richiamo, talora esplicito e talora solo implicito, contenuto in talune norme che concorrono a definirne il regime legale (artt. 2556, 2557, c. 4, 2559, 2560 c.c.) da cui deriva una situazione di “proprietà” che, a fronte dell’innegabile varietà dei diritti vantati dal titolare sui singoli beni (obbligatori e reali), non si renderebbe spiegabile se non prospettando un quid novi oggetto di un potere dominicale unitario coesistente con le più specifiche situazioni sui singoli elementi aziendali (S Pugliatti, “Riflessioni in tema di universitas” e R. Tommasini, “L’azienda”).
Il bene “azienda” si raccorda esclusivamente al mercato in virtù di una predefinita e non diversamente declinabile vocazione legislativa, come deriva dall’uso nell’art. 2555 c.c. del sintagma “Complesso di beni organizzato…… per l’esercizio d’impresa”.
In conclusione, come giustamente sottolineato dal giudice di Cassazione nella sentenza qui in commento, lo speciale regime civilistico dell’azienda considerata alla stregua di una universitas ha il primato giuridico sulle regole circolatorie dei suoi singoli elementi e, tra tali particolari regole, vi è l’art. 2559 c.c., che prevede l’automatico effetto traslativo, senza, quindi, obbligo di notifica al debitore, dei crediti (inclusi quelli erariali) con fondamento causale ricongiunto all’azienda.