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30 Agosto 2024
La cessione di azienda è qualificabile come un’operazione straordinaria mediante la quale l’imprenditore cede a terzi la sua attività imprenditoriale, o una parte di essa, dietro pagamento di un prezzo di cessione.
L’azienda è sì per molti aspetti un’unità, anche dal punto di vista giuridico ma, comunque, è pur sempre costituita da una serie di beni, materiali e immateriali, ognuno dei quali, spesso, si pone come singolo dal punto di vista degli obblighi e rapporti giuridici ad esso relativi.
Per quanto attiene la validità del contratto avente ad oggetto l’azienda, il quale, come tutti i contratti deve possedere i requisiti di determinazione o determinabilità, essa è fatta salva dal carattere di “inerenza dei singoli beni ad una medesima organizzazione imprenditoriale”.
Perché si possa avere un trasferimento d’azienda è necessario che l’oggetto del trasferimento sia un’attività economica strutturata che già prima del trasferimento abbia determinate caratteristiche di entità organizzata e idonea alla produzione di beni e servizi, la quale deve conservare la propria identità anche a seguito del passaggio al nuovo imprenditore.
Con riferimento poi al ramo d’azienda l’art. 2112 c.c. stabilisce letteralmente che “le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.
Il trasferimento d’azienda è configurabile anche quando non ricorra un unico atto di cessione, ma si realizzi mediante una pluralità di contratti. Inoltre, il trasferimento di azienda è negozio attuabile mediante vendita, affitto o usufrutto, ma altresì con ogni altro strumento tecnico- giuridico che consenta la sostituzione nella titolarità dell’entità economica organizzata: ciò che rileva è che vi sia un nesso di derivazione giuridica, a qualsiasi titolo e a prescindere dallo schema giuridico utilizzato, tra l’alienante e l’acquirente.
Il ramo d’azienda può ritenersi sussistere tutte le volte che si è in grado di enucleare una parte dell’azienda, destinata dall’imprenditore ad una particolare attività d’impresa; tale parte, tuttavia, deve necessariamente possedere un grado di autonomia tale da poter essere gestito separatamente dal corpo principale.
Per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’art. 2112 c.c. deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità. Il che presuppone una preesistente realtà produttiva autonoma e funzionalmente esistente, e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento, o come tale identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore e non dall’inerenza dei rapporti di lavoro ad un ramo d’azienda già costituito.
L’art. 2555 c.c. qualifica l’azienda come “il complesso dei beni organizzato dell’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Con riferimento alla nozione di azienda, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che la stessa deve essere intesa in senso ampio, comprensiva anche delle cessioni di complessi aziendali relativi a singoli rami d’impresa. Va precisato, comunque, che la cessione deve riguardare l’azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico – economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività di impresa e non i singoli beni che compongono l’azienda stessa (cfr. circolare del 19.12.1997, n. 320).