Procedure concorsuali

05 Ottobre 2024

Cessione d’azienda nella composizione negoziata della crisi

Il Tribunale di Parma ha rilevato che l’esenzione del trasferimento dei debiti ex art. 2560 c.c. non può considerarsi avulsa dall’esito positivo della composizione negoziata.

Ai sensi dell’art. 22, c. 1, lett. d) del Codice della crisi, il tribunale, in composizione monocratica, può autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, c. 2 c.c., ferma l’applicazione dell’art. 2112 c.c., verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori.

Il Giudice, ove conceda la richiesta autorizzazione, è tenuto a dettare le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate, al fine di tutelare gli interessi coinvolti, verificato altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente. Detti requisiti possono ritenersi sussistenti ove la cessione dell’azienda:

– consenta di evitare la definitiva dispersione dei valori connessi alla prosecuzione dell’attività e la maturazione di ulteriori perdite;

– tenendo conto del significato attribuito all’espressione “miglior soddisfazione dei creditori” nel tradizionale contesto degli artt. 186-bis e 182 -quinquies Legge fallimentare ed, oggi, nelle disposizioni di cui agli artt. 84, 94, 99 e 100 del Codice della crisi, risponda all’interesse del ceto creditorio all’esito di un raffronto con la presumibile soddisfazione dei medesimi creditori avuto riguardo allo scenario liquidatorio di matrice concorsuale (con la precisazione, efficacemente sottolineata in dottrina trattando della tutela dei creditori nel concordato in continuità, che nella cornice del Codice della crisi la continuità non deve necessariamente realizzare nuove risorse tali da consentire di soddisfare il ceto creditorio in misura maggiore rispetto a quella ottenibile con la liquidazione, ma è sufficiente che essa non generi un risultato penalizzante, avuto riguardo al soddisfacimento ricavabile nello scenario liquidatorio concorsuale, alla luce dell’entità del patrimonio monetizzabile);

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