Immobiliare

19 Agosto 2022

Cessione a prezzo di mercato di immobile di edilizia agevolata

La cessione di un immobile ad edilizia agevolata può essere venduto a prezzo di mercato o permane il vincolo di cessione al prezzo convenzionato? La cessione al prezzo di mercato è causa di nullità parziale del contratto? La Suprema Corte, ripercorrendo le riforme legislative sul punto, riforma il precedente orientamento.

L’art. 35, L. 865/1971 prevedeva che le aree destinate alla costruzione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica fossero oggetto di espropriazione e successiva acquisizione al patrimonio indisponibile dei Comuni. Questi ultimi avevano la possibilità di concedere il solo diritto di superficie di durata 60/99 anni per la costruzione di case di tipo economico popolare, stipulando una convenzione con il concessionario che prevedesse la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, il divieto di alienazione dell’alloggio per 10 anni dalla data di rilascio della licenza di abitabilità e l’obbligo di cederli successivamente solo a soggetti aventi i requisiti per l’assegnazione degli alloggi economici.

Con successiva L. 10/1977 e 179/1992 si è previsto che gli alloggi di edilizia agevolata potessero essere alienati o locati, senza condizioni, a decorrere dalla fine del quinquennio successivo all’assegnazione o all’acquisto, facendo cadere il vincolo di inalienabilità degli alloggi (convenzione Bucalossi).

La L. 662/1996 ha introdotto successivamente la possibilità che gli alloggi possano essere ceduti non solo in diritto di superficie ma anche in proprietà a cooperative edilizie e loro consorzi, a imprese di costruzione, con preferenza per i proprietari espropriati, stabilendo che contestualmente all’atto di cessione della proprietà dell’area, sia stipulato tra il Comune e il cessionario una convenzione identica a quella prevista dalla Legge Bucalossi.

La L. 448/1998 (art. 31) ha poi ulteriormente previsto per i Comuni la possibilità di cedere in proprietà le aree di cui sopra dietro pagamento di un corrispettivo per l’acquisizione da parte dei privati della proprietà degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (procedura di affrancazione).

Nonostante gli interventi legislativi fin qui ricordati siano stati animati dal fine di agevolare il trasferimento di questi immobili, sono insorti negli operatori una serie di dubbi applicativi sia in ordine alla permanenza o meno dei vincoli del prezzo per le successive alienazioni (ritenendo la giurisprudenza Cass 18135/2015 che il vincolo del prezzo riguardasse soltanto il costruttore, ma non anche il successivo acquirente che intendesse poi rivenderlo), sia in ordine ai problemi conseguenti all’eventuale inerzia dei Comuni nella fissazione dei corrispettivi stabiliti dalla legge.

Si giungerà così al D.L. 70/2011 che, al fine dichiarato di agevolare i trasferimenti dei diritti immobiliari, aggiungerà all’art. 31, L. 448/98 i commi 49-bis e 49-ter, prevedendo la possibilità di rimuovere i vincoli di prezzo, dopo 5 anni dalla data del primo trasferimento, stabilendo un corrispettivo proporzionale alla quota millesimale.

La Suprema Corte, con sentenza S.U. 6.07.2022, n. 21348, rivedendo i precedenti orientamenti, anche alla luce della riforma introdotta con D.L. 119/2018 (art. 25-undecies) ha ritenuto che il vincolo di cessione degli immobili permanga fino a quando non venga eliminato con la procedura di affrancazione. La procedura di affrancazione, finalizzata all’eliminazione del vincolo del prezzo per i successivi acquirenti degli immobili di edilizia residenziale pubblica, inoltre, potrà essere attivata dal soggetto interessato al fine di estinguere la pretesa del rimborso della differenza di prezzo avanzata nei suoi confronti dall’acquirente, con effetto sospensivo sulla causa di rimborso ed effetto paralizzante l’eventuale domanda di nullità parziale della vendita.

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