Imposte dirette

06 Giugno 2024

Certezza del diritto, cosa manca?

Troppo timido l’intervento del legislatore delegato rivolto a rafforzare la certezza del diritto e che dovrebbe far decorrere la decadenza per l’Amministrazione Finanziaria dal fatto generatore delle deduzioni e non dal loro utilizzo.

Ciascuno di noi dovrebbe potere conoscere le conseguenze giuridiche dei propri comportamenti. Si tratta del cosiddetto principio della certezza del diritto, tanto invocato anche in ambito tributario.

Ma andiamo sul pratico. Mettiamo che un potenziale acquirente intenda investire in una azienda italiana e affidi a un professionista scrupoloso le attività di due diligence. L’azienda, alcuni decenni prima, aveva sostenuto costi importanti per riqualificare un immobile, oppure ha ancora in pancia perdite pregresse non utilizzate risalenti a molti anni or sono, anche oltre 10.
L’azienda ha una contabilità molto ordinata e predispone di una data room con tutti i documenti degli ultimi 10 anni. Ma il professionista scrupoloso chiede le fatture della riqualificazione e la contabilità di oltre 10 anni fa.
Non va meglio alla stessa società se al posto del professionista, scrupoloso ma ragionevole, si presenta un verificatore chiedendo fatture dei primi anni del secolo. Proprio quelle fatture eliminate nel corso dell’ultimo trasloco. Dopo un po’ di incredulità si scatena il panico.

Una questione troppo spesso data per scontata riguarda, infatti, l’inizio del periodo di decadenza nel caso di costi a deducibilità pluriennale e perdite riportabili senza limiti di tempo. Purtroppo, la posizione espressa dalla giurisprudenza è granitica, potendo contare sulla pronuncia delle SS.UU. della Cassazione n. 8500/2021, peraltro recente. Tale posizione è coerente con quanto sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria. Ci aveva provato l’Aidc a tracciare un argine, sostenendo con la norma di comportamento n. 200/2017 che il contribuente non può essere gravato da un onere probatorio eccedente quello previsto per legge sul piano degli obblighi di conservazione documentale.
La Corte Suprema ritiene, invece, che la rettifica della dichiarazione possa essere operata per ogni singolo rateo e non già in riferimento al periodo di imposta nel quale quel componente è maturato o iscritto per la prima volta in bilancio. Ecco, quindi, perché l’impresa dovrebbe rintracciare e riesumare documenti contabili ormai appartenenti all’archeologia aziendale.

Il legislatore della riforma ha, in effetti, dimostrato di avere a cuore la questione e ha impartito precise istruzioni nella legge delega (art. 17) volte a ricondurre la decadenza alla data del fatto generatore. Il fine espresso è quello di evitare un’eccessiva dilatazione del termine di decadenza, nonché di quello relativo all’obbligo di conservazione delle scritture contabili e dei supporti documentali.
Il nuovo art. 8, c. 5 dello Statuto del contribuente ha previsto che il decorso del termine decennale per la conservazione della documentazione preclude definitivamente la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di fondare pretese sulla documentazione. Non abbastanza per la Cassazione (sentenza 26.02.2024, n. 5021), secondo la quale le regole speciali di cui all’art. 22, c. 2 D.P.R. 600/1973 prevalgono sullo Statuto.
Serve allora un intervento più deciso per superare queste posizioni. Tra esigenze di cassa, effetto sui contenziosi in corso o altro, il mancato o l’inefficace recepimento della delega su questo punto sarebbe davvero un’occasione sprecata di rendere più competitivo il nostro Paese.

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