Finanza e banche
29 Novembre 2022
La moneta elettronica non va confusa con le monete virtuali, anche dette criptovalute (ad esempio il sistema Bitcoin).
Le criptovalute nel nostro ordinamento sono definite dall’art. 1, c. 2, lett. qq) D.Lgs. 90/2017 come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. Le criptovalute sono contraddistinte dalla natura esclusivamente digitale con cui si presentano. La tecnologia da queste utilizzata è chiamata peer to peer, cioè un modello di rete informatica in cui non vi sono posizioni gerarchicamente differenti, ogni utente può indifferentemente introdurre o concludere una transazione senza l’intervento di intermediari.
La prima e sostanziale differenza tra moneta elettronica e virtuale sta nella circostanza che vede il valore della prima perfettamente ancorato al valore di una valuta avente corso legale (euro, dollaro, ecc.). La moneta elettronica è, infatti, supportata da una valuta cd. fiat, cioè non vincolata al prezzo di una materia prima come l’oro o l’argento e rappresenta, dunque, semplice dematerializzazione della valuta di cui costituisce la memorizzazione. Diversamente, la moneta virtuale non si pone in rapporto con alcuna valuta avente corso legale, l’unità di conto è essa stessa virtuale. Da ciò discende la decentralizzazione che contraddistingue la criptovaluta, la quale non è soggetta ad alcuna autorità centrale che la emetta o la gestisca controllandone la domanda e l’offerta. A tali conclusioni è pervenuta anche la giurisprudenza comunitaria laddove ha evidenziato che “le valute virtuali sono diverse dalla moneta elettronica, come definita nella direttiva 2009/110/CE del 16.09.2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, in quanto, a differenza da tale moneta, nel caso delle valute virtuali i fondi non sono espressi nell’unità di calcolo tradizionale, ad esempio in euro, ma nell’unità di calcolo virtuale, ad esempio il «bitcoin»” (Corte di Giustizia UE, Sentenza del 22.10.2015).
Le monete virtuali, inoltre, non trovano riscontro normativo in alcuna giurisdizione a differenza di quanto avviene con la moneta elettronica, la quale, come visto, presenta un complesso quadro normativo a disciplinarne l’utilizzo. Ciò non vuol dire, comunque, che anch’essa non possa essere liberamente utilizzata come strumento di pagamento.
La moneta elettronica non va poi confusa con le carte di credito e di debito, entrambe collegate a un conto corrente bancario. Nel primo caso è direttamente il soggetto emittente a corrispondere all’esercente il prezzo della transazione (ad esempio un acquisto presso un locale commerciale). Avendo concesso credito al titolare della carta successivamente gli verranno addebitati degli interessi passivi. Diversamente, con la carta di debito, anche chiamata Bancomat, le transazioni vengono addebitate di volta in volta sul conto del debitore.
La moneta elettronica materialmente si presenta, a differenza delle carte di credito e debito, quale carta prepagata non collegata ad alcun conto corrente, e può essere ricaricabile e non ricaricabile. Come già visto una delle caratteristiche che contraddistingue la moneta elettronica è la sua spendibilità generalizzata, utilizzabile, cioè, presso una serie illimitata di operatori e per una serie illimitata di beni o servizi.