IVA
16 Luglio 2024
Per la Corte di Cassazione il regime di esenzione Iva delle prestazioni mediche deve essere provato dal contribuente, potendo l’Amministrazione Finanziaria limitarsi, in sede di accertamento, ad eccepire il generalizzato regime di imponibilità delle prestazioni di servizio.
La Corte di Cassazione con la sentenza 10.07.2024 n. 18910 si è pronunciata sull’onere della prova in ordine al regime di esenzione Iva in raccordo con le prestazioni di cui all’art. 10, p. 18 D.P.R. 633/11972 (il quale raccorda l’esenzione Iva alle “prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27.07.1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”) ritenendo testualmente:
“L’esenzione è un’eccezione alla regola della generale applicabilità dell’Iva (così nella giurisprudenza di legittimità, Sez. 5, n. 25440 del 12.10.2018 e nella giurisprudenza unionale CGUE 10.09.2002, causa C-141/00, Kugler, punto 28 e ID, 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC, punto 28), per cui trova applicazione il sedimentato principio a termini del quale, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione, per cui non ha giuridico fondamento la deduzione della CTR che spetterebbe all’Ufficio la prova dell’imponibilità, ben potendo l’Ufficio limitarsi a dedurre la suddetta regola della generale applicabilità dell’Iva”.