Imposte dirette
06 Giugno 2022
Le recenti indicazioni dell’interpello n. 270 richiedono la timbratura di tutti i DDT relativi ai beni strumentali agevolati acquistati dal 2020 in poi. La richiesta appare oltremisura e meriterebbe di essere ripensata.
Come è noto, le agevolazioni sugli investimenti in beni strumentali, nella forma della detassazione e del credito di imposta, sono misure più volte introdotte e ormai applicabili in via generale e continuativa dal 2019.
Nonostante le rimodulazioni, anche profonde, che hanno interessato la disciplina, i meccanismi di controllo sono rimasti affidati alla conservazione, da parte degli aventi diritto, della documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine la disciplina, a partire dal 2019, prevede espressamente che le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati debbano contenere l’espresso riferimento alla norma agevolatrice.
È stato, poi, chiarito che tale indicazione sulle fatture può essere apposta sia in origine dal fornitore, sia a posteriori dal beneficiario dell’agevolazione. In questo secondo caso si prevede alternativamente di stampare le fatture elettroniche relative ai costi agevolabili e di conservarne copia analogica integrata con l’indicazione della norma agevolatrice oppure di inviare in conservazione una sorta di timbro informatico (cfr. ris. 52/E/2020).
La timbratura della fattura, ai fini delle agevolazioni, appartiene alla tradizione della prassi italiana e trova le sue radici nell’abitudine alla protocollazione e alle annotazioni che fino a qualche anno fa tappezzavano le fatture ricevute, rendendole un contenitore esaustivo di informazioni.
In questo contesto, va evidenziato che l’obbligo di timbratura ora previsto dalla legge è sostanzialmente ripreso da quanto indicato nei documenti di prassi (cfr. 41/2001, 38/E/2008) in relazione alle precedenti agevolazioni. In tali documenti viene anche precisato che i documenti da timbrare sono le fatture e gli altri titoli di spesa quali contratti e ogni altro documento dal quale risulti l’acquisizione, anche in locazione finanziaria, del bene agevolato. Evidentemente all’Agenzia non sfuggiva che, in caso di leasing, sarebbe mancata la fattura da controllare e, pertanto, richiedeva il timbro sul contratto.
Dunque, timbratura di fatture o, eventualmente, di altri documenti di spesa. In questo contesto non dovrebbe sorgere il dubbio che la timbratura possa riguardare anche i documenti di trasporto se non addirittura i verbali di collaudo.
Invece, proprio questo dubbio è stato portato all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate che ha risposto con l’interpello n. 270/2022. Un vecchio detto suggerisce di non chiedere mai ad un funzionario pubblico se un certo documento è necessario. Perché ti diranno sempre di sì.
Ed infatti, l’Agenzia ha risposto che anche i DDT, documenti spesso sepolti in magazzini remoti, vanno timbrati al pari delle fatture (l’Agenzia non si è spinta a richiedere la timbratura dei verbali di collaudo).
Dubitiamo, francamente, che gli stessi verificatori possano trarre qualche beneficio dalla consultazione (in alcuni casi) di migliaia di DDT alla ricerca del timbro. Più probabile che l’obbligo rimanga solo per tormentare i contribuenti più ligi e per angosciare quelli che negli anni scorsi hanno legittimamente usufruito delle agevolazioni senza sospettare di non essere in regola per dei timbri mancanti.