Amministrazione e bilancio
07 Gennaio 2020
Il subentro nel contratto configura un’operazione soggetta a tassazione. L’Agenzia delle Entrate ha frenato qualsiasi effetto elusivo derivante dall'operazione.
La disciplina generale dispone che il bene in leasing previamente riscattato dalla società e successivamente ceduto a un prezzo maggiore del costo di acquisto (corrispondente al prezzo di riscatto) genera una plusvalenza. Il componente positivo così generato sarà soggetto a tassazione per il suo intero ammontare nell’anno in cui è stato conseguito, ovvero nell’esercizio corrente e nei successivi quattro anni se il bene è stato posseduto da più di tre anni. Saranno quindi assoggettate a tassazione anche tutte quelle imprese che provvederanno a riscattare i beni in locazione per poi cederli ai soci, intesi quali persone fisiche interessate alla proprietà del cespite.
Allora ci si chiede: perché non far riscattare il bene al socio senza che la società generi una plusvalenza, magari tassata tutta nell’anno? L’atto di riscatto implica, a monte, la cessione al socio del contratto stesso di leasing: solo con il trasferimento del contratto il socio può correttamente porre in essere qualsiasi azione, vantare diritti o far valere gli effetti propri del contratto. Il subentro del socio nel contratto di leasing potrebbe sembrare così un’operazione finalizzata all’ottenimento di un lecito vantaggio di imposta, senza che la cessione comporti alcun reddito imponibile. Ebbene, il legislatore è chiaro in merito e dispone che, in caso di cessione del contratto di locazione finanziaria, il valore normale del bene costituisca sopravvenienza attiva, tassata quindi nell’esercizio in cui si è generata.
Anche qualora la cessione del contratto (e quindi il subentro del socio nei diritti, obblighi ed effetti del conduttore) avvenga in via gratuita, a prescindere dall’esistenza di un reale corrispettivo di trasferimento pattuito tra le parti, il legislatore riconosce comunque all’operazione un valore minimo fiscale. In tal caso, così come affermato dalla circolare 108/E/1996, è necessario fare riferimento al valore normale del bene, al netto del prezzo di riscatto e dei canoni residui attualizzati alla data della cessione. Su tale valore si applicherà pertanto la stessa aliquota d’imposta che graverebbe sulla plusvalenza altrimenti generata dal riscatto del bene e dalla sua seguente cessione.
Per la società si tratta in sostanza di verificare l’alternativa più redditizia tra la cessione del contratto e la cessione del bene, sempreché il negozio giuridico preveda la clausola di subentro e previo consenso della società locatrice. La convenienza della società all’una o all’altra decisione non risponde in egual misura alla convenienza del socio, posto che i due soggetti rispondono a interessi e scopi diversi. Pertanto risulta necessario e doveroso valutare ed esaminare ogni singolo caso concreto che si presenterà ai professionisti.