Lettera del direttore ·
25 Ottobre 2023
Servono nuovi modi per affrontare le sfide lavorative future.
Il focus sulle generazioni in impresa, aperto con “Open Jam-Un dialogo aperto con il futuro” di Ambrosetti offre alcuni spunti, molto concreti, per aprire uno sguardo verso gli scenari che si prospettano ad ampio raggio.
È interessante, in particolare, il tema generazionale che si nutre degli allarmi demografici e che impone un approccio nuovo nella gestione delle risorse umane nell’impresa.
Il tema demografico è noto, ma sempre sottovalutato: da qui al 2030 i lavoratori in Italia caleranno di 2 milioni di unità. Già da oggi i nati negli anni del boom stanno arrivando all’età pensionabile e non saranno rimpiazzati. Nel 2022 sono nati meno di 400.000 bambini, il dato più basso dal 1863. L’ISTAT ci dice che tra 50 anni l’Italia conterà meno di 50 milioni di abitanti rispetto ai 59 attuali. E così via.
Alcuni studiosi segnalano che per mantenere gli attuali livelli di PIL sarà necessario raggiungere la piena occupazione scontando il fatto che sarà impossibile aumentare la settimana lavorativa e incrementare a dismisura l’innovazione tecnologica. Non sono solo questioni quantitative, però.
Emerge la necessità di rinnovare l’approccio formativo e relazionale all’interno dell’impresa, pensando a un diverso rapporto tra le generazioni, quindi, in pratica, a un nuovo modo di trasmettere la conoscenza tecnico-pratica all’interno del luogo di lavoro. Un nuovo rapporto tra generazioni, ognuna delle quali, in modo paritario, sia capace di apportare esperienza da un lato e innovazione dall’altro.
L’intento è quello di ricercare gli apporti professionali più efficienti in modo trasversale alle generazioni, riconoscendo a ognuna uno specifico valore professionale. Flessibilità, competenze, entusiasmo e creatività sono risorse che appartengono a ogni specifico ambito generazionale.
Si rompe così l’arcaico modello del “ragazzo di bottega”, dove il giovane è per lo più considerato come un sacco vuoto da riempire di nozioni ed esperienza.
Nell’integrazione trasversale si riconosce, invece, uno specifico valore che richiede anche una diversa gestione, un’abilità manageriale che deve abbandonare vecchie impostazioni e che sappia, ad esempio, creare gruppi di lavoro diversificati anche per età, considerando le singole capacità.
L’innovazione, le nuove idee, i nuovi sguardi sull’organizzazione del lavoro sono necessari se si vorrà accedere a uno sviluppo tecnologico in grado di riequilibrare l’inverno demografico, che sottrae risorse umane che dovranno necessariamente essere sostituite con una maggiore produttività.
Ci sono ostacoli da rimuovere come un’eccessiva rigidità salariale che, se da un lato non garantisce il minimo vitale, dall’altro rende difficile il trattenimento di professionalità, giovani e anziane, strategiche per l’impresa costringendo questa a un continuo ripensamento dell’organizzazione. Una virtuosa integrazione generazionale necessita, infatti, di tempo, di prospettiva, di abitudini lavorative consolidate, di dialogo ininterrotto.
Dopo la globalizzazione si prospetta un mondo frammentato, in alcuni ambiti anche fratturato.
Le guerre che si succedono ci consegneranno un contesto non certo migliore di quello precedente.
Serve stabilità e continuità per tenere fermo il timone. Soprattutto, che cessi il lungo letargo dell’intelligenza.