Diritto privato, commerciale e amministrativo
27 Novembre 2024
È preclusa la prosecuzione del processo se il fatto storico oggetto del giudizio non definito coincide con quello accertato dalla sentenza definitiva.
Per non violare il divieto di “doppio giudizio” (c.d. “ne bis in idem”) il giudice è tenuto a verificare che il procedimento per bancarotta fraudolenta e quello per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non riguardino lo stesso fatto storico. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza 20.11.2024, n. 42462.
Nel caso in esame, l’amministratore di una Srl era stato definitivamente assolto (per carenza dell’elemento soggettivo doloso) dal reato di bancarotta fraudolenta societaria per distrazione (artt. 216 e 223 R.D. 267/1942) contestato con riguardo alla sottrazione dell’intero patrimonio della propria società a favore di un’altra Srl, attraverso la cessione di un ramo d’azienda.
Precedentemente era stata promossa l’azione penale per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (ex art. 11 D.Lgs. 74/2000), con condanna dello stesso amministratore.
La sentenza in commento ricorda che, ai sensi dell’art. 4 del Protocollo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva in conformità alla legge e alla procedura penale di tale Stato. Peraltro, nel diritto interno, il divieto di un secondo giudizio come conseguenza dell’irrevocabilità della sentenza e degli altri provvedimenti giurisdizionali a essa assimilati è previsto nell’art. 649 c.p.p. (in base al quale è previsto che: “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere sottoposto a un nuovo procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per titolo, grado o circostanze”) e soddisfa l’esigenza di certezza del diritto e di economia dei giudizi, evitando l’irrazionale ingiustizia di una pluralità di condanne per il medesimo fatto.
Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte ha evidenziato che, a differenza di quanto affermato dalla Corte d’appello, se il fatto storico oggetto del giudizio non ancora definito coincide in tutti gli elementi (ovvero condotta-nesso causale-evento naturalistico) con quello accertato dalla sentenza definitiva, la prosecuzione del processo è preclusa da quanto previsto dal citato art. 649 c.p.p. senza la necessità di dover effettuare un’ulteriore verifica in relazione alla data di esercizio dell’azione penale nei 2 procedimenti.
Da qui, nel caso specifico, l’annullamento della sentenza con nuovo rinvio alla Corte d’appello per accertare la riferibilità delle 2 sentenze al medesimo fatto storico.