Società e contratti
13 Settembre 2024
Le azioni proprie, per le quali è sospeso il diritto di voto, devono essere computate ai fini sia del quorum costitutivo, sia deliberativo dell’assemblea, anche quando non si riferiscono al capitale sociale in genere ma a quello presente in assemblea.
In virtù dell’art. 2357-ter, c. 2, c.c. (come modificato dal D.Lgs. 224/2010), nelle S.p.A. non quotate o “chiuse”le azioni proprie (per le quali è sospeso il diritto di voto) devono essere computate ai fini del quorum costitutivo e deliberativo dell’assemblea anche quando non si riferiscono al capitale sociale in genere, ma a quello presente in assemblea, come previsto per le delibere dell’assemblea ordinaria in seconda convocazione ex art. 2369, c. 3, c.c. Viceversa, nelle S.p.A. quotate o “aperte”, le azioni proprie devono essere considerate per il calcolo del quorum costitutivo, ma non per quello deliberativo. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza 3.09.2024 n. 23557.
Il caso esaminato ha riguardato una S.p.A. in cui il gruppo di maggioranza deteneva il 47% del capitale sociale, quello di minoranza il 43% e le azioni proprie rappresentavano il 10% del capitale. In questo contesto, l’assemblea avrebbe potuto deliberare solo con il concorso del voto favorevole di entrambi.
Infatti, in caso di voto divergente, dovendosi sempre computare nel denominatore le azioni proprie, nessuno dei 2 soci avrebbe potuto raggiungere con il suo voto la soglia (necessaria) del 50,01%.