Diritto del lavoro e legislazione sociale

02 Luglio 2024

Aumenti del CCNL Metalmeccanici, cosa succede?

Nuovo aumento retributivo nel comparto metalmeccanici. A seguito della pubblicazione degli indici IPCA relativi al 2023, le parti sociali hanno dato corso alle previsioni del CCNL innalzando le retribuzioni minime di 6,9 punti percentuali. 

Secondo le previsioni del comparto Metalmeccanica industria, nel mese di giugno di ciascun anno di vigenza del CCNL, i minimi contrattuali, per livello, vanno adeguati sulla base della dinamica inflattiva consuntivata misurata con l’indice IPCA, elaborato dall’ISTAT, al netto dei prodotti energetici importati, potendo, le medesime parti sociali, definire entro i primi giorni del mese di giugno di ciascun anno, i nuovi importi spettanti a titolo di minimo contrattuale.

Pertanto, nei mesi di giugno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024, le parti sociali ridefiniscono quei valori retributivi minimi che erano già contenuti nell’accordo del 5.02.2021, utilizzando la regola secondo cui:

  • nelle ipotesi in cui l’adeguamento IPCA sia superiore agli incrementi retributivi complessivi stabiliti per singolo anno nella tabella del CCNL, le retribuzioni minime saranno adeguate all’importo risultante;
  • laddove, invece, l’adeguamento sia inferiore, saranno applicabili le retribuzioni definite in tabella nell’accordo raggiunto, appunto, dalle parti sociali nel corso del 2021.

Una sorta di clausola di “salvaguardia” che tende ad assicurare ai lavoratori una tutela effettiva sul reale valore del salario rispetto, in primis, all’inflazione.

Stando a quanto comunicato dall’Istat lo scorso 7.06.2024, il consuntivo 2023 dell’indice IPCA al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati risulta pari a 6,9 punti percentuali. Il valore fissato, invece, dalle parti sociali nel rinnovo 2021 per lo scatto retributivo decorrente da giugno 2024 era stato ipotizzato nella misura dell’1,85%.

Quanto sopra però porta con sé rilevanti criticità. Se da un lato il sistema definito dalle parti sociali tutela concretamente i salari dei lavoratori dipendenti, dall’altro rischia di appesantire in maniera determinante il costo a carico dei datori di lavoro per i quali non sempre un aumento dell’inflazione coincide con l’aumento dei ricavi, dato che, a parità di prodotti venduti, il risultato sarebbe raggiungibile esclusivamente mediante l’aumento significativo dei prezzi con i consequenziali effetti in tema di concorrenza.

Tale criticità, peraltro, non si limita al solo anno 2023. In concreto, oltre all’aumento del mese di giugno 2024, definito nel 6,9%, si evidenzia che anche le retribuzioni del mese di giugno 2023 hanno accusato il medesimo meccanismo, attestandosi l’indice IPCA consuntivo del 2022 nella misura del 6,6% in luogo del 1,44% ipotizzato in sede di rinnovo. E ancora, per valutare appieno gli effetti di quanto qui argomentato, il “doppio” indice di cui sopra si concretizza, raffrontando i valori retributivi minimali previsti dal CCNL, in un aumento del 13,96% tra i valori decorrenti dal 1.06.2022 e quelli del 1.06.2024 (Tabella Metalmeccanica Industria).

A ciò si aggiunga che le imprese, di qualsivoglia comparto, hanno accusato lo scorso 31.12.2022, un’eccezionale rivalutazione dei fondi TFR maturati e mantenuti in azienda di quasi il 10% (9,97458%).
Per completezza del tema, si segnala che i medesimi effetti dell’indice IPCA di cui sopra hanno ricadute sui valori stabiliti dalla contrattazione collettiva per l’indennità di trasferta e l’indennità di reperibilità. In particolare, la prima risulta aumentata, nella misura intera, all’importo di 49,68 euro superando, come noto, la soglia di esenzione fiscale e contributiva prevista dall’art. 51, c. 5 del Tuir, fissata in 46,48 euro al giorno.

Il “sistema IPCA” sopra rappresentato viene accusato anche dal CCNL Metalmeccanica Piccola Industria sottoscritto da Unionmeccanica Confapi e Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil.

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