Agricoltura ed economia verde
29 Maggio 2020
Ricompresa tra le attività di allevamento e riconosciuta quindi come attività agricola, soggiace alle norme fiscali caratterizzanti sia dal punto di vista delle imposte dirette che indirette.
L’apicoltura è a tutti gli effetti considerata dalla legge un’attività di allevamento (conduzione zootecnica delle api) e pertanto attività agricola ai sensi dell’art. 2135 C.C. L’art. 2 L. 313/2004, che disciplina l’apicoltura, ritiene sempre agricola tale attività anche se non correlata necessariamente alla gestione del terreno. Sempre dal punto di vista civilistico, vengono considerati dalla medesima norma prodotti agricoli il miele, la cera d’api, la pappa reale o gelatina reale, polline, propoli, veleno d’api, le api e le api regine, l’idromele e l’aceto di mele.
Dal punto di vista fiscale, sia per quanto riguarda le imposte sui redditi sia per quanto riguarda l’Iva, le disposizioni e le definizioni di cui alla L. 313/2004 devono essere confrontate con quelle specifiche in materia di fiscalità agricola. Il rimando all’allevamento fa sì che l’attività in commento faccia parte di quelle che determinano il reddito su base catastale, rientrando le api nel decreto ministeriale previsto dall’art. 32, c. 3, del Tuir. Nella sostanza il reddito potrà essere determinato sulla base catastale dei terreni condotti e per la parte eccedente in base ai parametri forfettari di cui all’art. 56, c. 5, quale reddito di allevamento eccedente (questo sempre a patto che l’apicoltore sia in possesso di terreni).
Con riferimento ai prodotti derivanti dall’attività di apicoltura sopra indicati, fatte salve le cessioni di api e api regine che sono l’oggetto dell’attività di allevamento e quella del miele che è il prodotto primario, solamente la cessione dei prodotti agricoli di cui al D.M. 13.02.2015 è interamente ricompresa nel reddito agrario: la tabella cita “la lavorazione, raffinazione e confezionamento del miele”. Tutto quello che non rientra in tale casistica, sempre se è rispettato il requisito della prevalenza, produce forfettariamente un reddito determinato sul 15% dei ricavi.
La L. 313/2014 ha inoltre riconosciuto all’art. 9 che l’attività di impollinazione è a tutti gli effetti attività agricola connessa di prestazioni di servizi che determina un reddito forfettario determinato sul 25% dei ricavi.
La legge di Bilancio per il 2018, al fine di promuovere l’apicoltura quale strumento di tutela della biodiversità e dell’ecosistema ed al fine di integrazione del reddito nelle aree montane, ha però previsto che gli apicoltori con un numero di alveari inferiore a 20, che conducono l’attività in Comuni montani (per conduzione dell’attività parrebbe intendersi l’ubicazione montana degli alveari e non la sede legale dell’attività), godono dell’esenzione dall’Irpef in quanto i proventi dell’attività di apicoltura (anche quelli da impollinazione) non concorrono alla determinazione della base imponibile.
Ai fini Iva, l’attività rientra nelle previsioni di cui al regime speciale ex art. 34, D.P.R. 633/1972 per i beni che rientrano nell’allegata tabella A, parte I, che attualmente sono il miele, la cera d’api greggia, il polline, il propoli, le api e l’idromele.