ETS ed Enti non commerciali
24 Novembre 2020
La bozza di linee guida esamina gli adempimenti contabili e le modalità operative delle principali operazioni ai fini Iva e Ires.
Le modalità della raccolta fondi possono essere le più diverse. Possono spaziare dalle forme più tradizionali (es. mailing) a quelle più moderne (es. face to face, corporate, ecc.). Ai sensi dell’art. 7 del CTS, le attività di raccolta fondi possono essere occasionali o realizzate anche in forma organizzata e continuativa. Quello che rileva sotto il profilo fiscale, è il nesso di corrispettività tra le prestazioni del beneficiario e del donatore, che in qualche modo si richiama allo schema dello scambio e quindi della commercialità. Un esempio tipico è quello dei cosiddetti charity shops, aventi ad oggetto la vendita di beni anche nei locali dello stesso ETS, che in qualche modo fanno riferimento alla missione dell’ente.
Possiamo così sintetizzare gli aspetti fiscali della raccolta fondi in rapporto alla natura di ETS e alle modalità con cui l’attività di raccolta viene svolta.
ETS commerciali (art. 79, c. 5, CTS):
– raccolta fondi di carattere non corrispettivo: rileva ai fini Ires (art. 81 del Tuir), in quanto componenti positivi di reddito, ma non dell’Iva (in quanto non costituiscono cessioni di beni o prestazione di servizi);
– raccolta fondi di carattere corrispettivo: rileva ai fini Ires e Iva.
ETS non commerciali (art. 79, c. 5-bis, CTS):
– raccolta fondi di carattere non corrispettivo (erogazioni liberali): non imponibilità ai fini Ires e Iva;
– raccolte pubbliche occasionali di fondi (anche mediante offerta di beni o servizi di modico valore in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze, campagne di sensibilizzazione): non imponibili ai fini Ires e non soggette a Iva ex art. 79, c. 4, lett. a), CTS nè a ogni altro tributo (art. 89, c. 18, CTS);
– raccolte fondi di ODV e APS: ipotesi specifiche di decommercializzazione (art. 84 e 85 CTS; art. 7, c. 2 del CTS, con caratteristiche non rientranti nell’art. 79, c. 4).
Al di fuori delle ipotesi sopra indicate, quando la raccolta fondi avviene in forma sinallagmatica, attraverso lo scambio di beni o servizi, i proventi concorreranno alla formazione del reddito e saranno imponibili Iva.
Si fa notare che le attività occasionali di raccolte pubbliche di fondi sono escluse da Iva ed esenti da ogni altro tributo, compresa l’imposta sugli intrattenimenti.
Per completezza di argomento, aggiungiamo che l’art. 85, c. 6, per le associazioni di promozione sociale, prevede la decommercializzazione delle vendite di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito ai fini di sovvenzione, a patto che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione, senza alcun intermediario, e che sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenza sul mercato.
Parallelamente, ai sensi dell’art. 84, c. 1, lett. a), per le organizzazioni di volontariato (ODV) non si considerano commerciali le seguenti attività, se svolte alle condizioni di cui sopra:
– vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito o prodotti dagli assistiti;
– cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari;
– somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.
Sono tutte attività che vengono svolte per reperire risorse finanziarie necessarie al sostentamento dell’ente e quindi possiamo farle rientrare nella raccolta fondi che, in qualche modo, viene “istituzionalizzata” dalla norma in esame ai fini tributari.