IVA
09 Dicembre 2019
Da tempo, a titolo sperimentale, alcuni istituti di formazione applicano un modello di formazione in assetto lavorativo: trattamento IVA e degli incassi.
Da tempo in diverse Regioni italiane sono in essere diverse esperienze tese a riconoscere la “formazione in assetto lavorativo” all’interno di iniziative produttive di istituzioni scolastiche, al fine di favorire l’apprendimento e superare le distanze tra realtà scolastica e lavorativa. Si tratta della cosiddetta “impresa formativa” che si ispira alle esperienze d’imprese di formazione, le EFT (Enterprise de Formation par le travail) sul modello belga.
La risposta sul bar didattico data dall’Agenzia delle Entrate (risposta n. 446/2019) a seguito dell’interpello dell’istituto scolastico, analizza il tema dell’impatto fiscale di queste iniziative produttive, atteso che nel contesto di cui sopra le istituzioni scolastiche, nell’esercizio di compiti di formazione ed educativi, hanno facoltà di svolgere attività di servizi per conto terzi, nonché di alienare i beni prodotti nell’esercizio di attività didattiche o di attività programmate (art. 38 D.I. n. 44/2011).
Il caso in esame riguarda appunto un istituto scolastico statale. Nell’ambito dei progetti messi in atto per le finalità didattiche ed educative dell’istituto, il collegio docenti valuta la possibilità di aprire un bar didattico all’interno dei propri locali, in orari ben definiti, con la somministrazione solo di alcune tipologie di bevande e merende degli studenti che frequentano il medesimo istituto e al personale in servizio.
Dalla risposta dell’Agenzia si evince che l’impatto fiscale di questa nuova modalità formativa riguarda 2 punti fondamentali:
– la natura giuridica dei soggetti che esercitano l’attività;
– la natura ai fini fiscali (Iva e imposte dirette) dell’attività esercitata.
Quanto al primo punto, ai fini delle imposte dirette, la scuola (in quanto ente pubblico che svolge una funzione statale quale l’attività di istruzione superiore) effettua un’attività che assume i connotati propri di non commercialità (attività decommercializzata ai sensi dell’art. 74, c. 2, lett. a) del Tuir), rappresentando questo laboratorio un’attività didattica istituzionale.
Sia permessa una nota. Sarebbe interessante verificare l’inquadramento fiscale se la stessa attività fosse svolta da un ente privato (commerciale o non commerciale ai sensi dell’art. 73, c. 1, lett. b) o c) del Tuir). Gli eventuali proventi costituenti corrispettivi della somministrazione di alimenti e bevande dovrebbero, a nostro avviso, costituire attività commerciale, rilevante ai fini della tassazione.
E ora torniamo a noi. Per gli aspetti Iva, l’Agenzia delle Entrate osserva anzitutto che, allo scopo di stabilire se una determinata attività sia resa da un ente non commerciale in veste commerciale o meno, l’art. 4 , c. 4 D.P.R. 633/1972 prevede che si debbano considerare nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di sevizi effettuate nell’esercizio di attività commerciali.
Premesso che l’attività di “bar didattico” si inserisce, come già detto, nel progetto formativo dell’istituto e rappresenta il naturale completamento del percorso di professionalizzazione degli studenti, nel caso in esame non sembra sussistere una specifica organizzazione dell’istituto per la realizzazione dell’attività.
In considerazione delle menzionate circostanze, l’Agenzia afferma che la descritta attività di bar didattico non si può qualificare come attività imprenditoriale e, in assenza del presupposto soggettivo di cui all’art. 4, c. 4, citato sopra, non assume rilevanza ai fini Iva.