Antiriciclaggio
21 Febbraio 2024
Commento alla sentenza della Corte di Cassazione, sez. II, 22.01.2024, n. 2129: non si può condannare unicamente il commercialista, oltretutto a una sanzione che supera i 600.000 euro, quando i controlli dovevano coinvolgere anche altri soggetti.
Non intendo tediare il lettore con riferimenti a norme di legge, circolari, articoli e commi, se non limitatamente allo stretto necessario, cercando di esprimermi con un linguaggio semplice.
Una ditta operante nel settore del commercio all’ingrosso di metalli ferrosi effettuava prelevamenti in contanti per oltre 12 milioni di euro relativi a operazioni in acquisto i cui documenti non recavano le generalità del fornitore, erano privi di firma per quietanza e sui quali non era indicata la targa del veicoli che effettuavano il trasporto e il relativo orario; per contro, la ditta a sua volta cedeva il materiale ferroso a un’unica società acquirente che saldava le fatture con assegni bancari.
Il problema consiste nel fatto che la ditta aveva affidato la redazione delle scritture contabili a un commercialista che chiameremo Mario. In sostanza:
Il sistema antiriciclaggio è un sistema che ho sempre definito “a cancelli”, nel senso che occorre superare un certo numero di cancelli per sfuggire alla normativa ed è chiaro che più sono i cancelli, più è difficile superarli: ad esempio, in relazione all’acquisto di una quota societaria il primo cancello è quello del commercialista che si occupa della stesura del preliminare, il secondo cancello è quello delle banche che trattano la movimentazione dei mezzi di pagamento e il terzo quello del notaio che procede all’atto.
Nella nostra storia non ha funzionato il primo cancello, cioè la banca non ha segnalato nulla in occasione dei molteplici prelievi di contante: oltre 12 milioni in poco più di 2 anni, realizzati attraverso 186 operazioni.
Allora perché ci si è unicamente scatenati contro il primo cancello, cioè Mario, che ha registrato nella contabilità sia i prelievi di contanti che i pagamenti a fornitori (non ben generalizzati)? Mario si è visto notificare una sanzione pecuniaria di 602.900 euro dal MEF per omessa segnalazione di operazioni sospette, sanzione ridotta a 300.000 euro dal Tribunale, annullata dalla Corte di Appello in quanto questa ha ritenuto che il fatto che la merce fosse rivenduta con regolare fattura incassata con assegni bancari dimostrasse l’assenza di elementi che potessero far ritenere illecita la provenienza del denaro e imporre al commercialista una particolare attenzione e un sospetto meritevole di segnalazione; la Corte di Cassazione, invece, ha riformato la sentenza dell’Appello, confermando in sostanza la sanzione pecuniaria irrogata dal MEF, cioè i 602.900 euro.
Nulla alla banca? Il secondo cancello è stato saltato senza conseguenze.
Vero che Mario, ma anche la banca, avrebbe dovuto tenere conto degli indicatori di anomalia emanati nel tempo dalla Banca d’Italia e dall’UIF (ultima emanazione 12.05.2023 per indicatori in vigore dal 1.01.2024) nei quali si fa sempre riferimento a operatività con operazioni in contanti; vero che si tratta di segnalazione di operazioni sospette da effettuare quando i professionisti “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare”; ma è altrettanto vero che l’asserzione contenuta nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello è, mio avviso, perfettamente condivisibile.