IVA
06 Ottobre 2020
Caccia e dintorni: un caso controverso in cui l'Agenzia delle Entrate (risposta a interpello 23.09.2020, n. 392) nega l'applicabilità dell'aliquota ridotta al 10%.
Con la risposta a interpello 23.09.2020, n. 392, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che alle cessioni di fagiani, pernici grigie (starne) e lepri destinati al ripopolamento delle riserve non si applica l’aliquota Iva ridotta (10%) ma l’aliquota Iva ordinaria del 22%. Secondo l’Agenzia, infatti, l’aliquota ridotta 10% prevista dalla Tabella A, parte III, punto n. 7) allegata al D.P.R. 633/1972 è applicabile alle cessioni degli animali vivi ivi elencati solo se destinati all’alimentazione umana, mentre nel caso prospettato tale utilizzo è da considerarsi la conseguenza dell’avvenuta cacciagione e non la destinazione degli animali oggetto di cessione, che è quella del ripopolamento delle riserve. La questione è stata posta da un ente che svolge attività di gestione faunistica e organizzazione dell’esercizio venatorio in forma programmata, nell’ambito della quale provvede all’acquisto degli animali per il ripopolamento del territorio silvo-pastorale di competenza.
A sostegno dell’applicabilità dell’aliquota ridotta, l’istante ha richiamato la sentenza 19.07.2019, n. 125 della C.T.P. di Piacenza, riferita appunto alle cessioni di fagiani destinati al ripopolamento, in cui si sostiene che tali animali, nonostante siano venduti per la pratica della caccia, dopo l’abbattimento sono comunque destinati all’alimentazione umana che, quindi, ne costituirebbe l’effettiva destinazione finale: tesi fatta propria dall’istante. La C.T.P. di Piacenza è pervenuta a tale conclusione sulla base del tenore letterale del richiamato punto 7 della Tabella A, stabilendo che il requisito della destinazione all’alimentazione umana è richiesto unicamente per le rane, che sono elencate dopo la parola fagiani separate dalla virgola. A conforto della propria tesi, la stessa C.T.P. cita la disposizione comunitaria in cui viene utilizzato l’avverbio “normalmente” in riferimento alla destinazione per alimentazione umana che, pertanto, non è da considerare destinazione imperativa; e richiama anche la Cassazione n. 10612/2018, secondo la quale la qualificazione giuridica della natura del rapporto negoziale è da effettuare sulla base della causa concreta, ossia degli interessi che il negozio è concretamente destinato a realizzare. Sulla base di tali considerazioni, secondo la C.T.P., pare ovvio che i fagiani siano normalmente destinati all’alimentazione umana, posto che un uso diverso non entra nei canoni della “normalità” cui si richiama la disposizione comunitaria: quindi, ancorché venduti vivi per la caccia, è naturale che dopo l’abbattimento, trattandosi di carni di pregio, si debba presumerne la destinazione all’alimentazione umana.
Tale interpretazione non è però condivisa dall’Amministrazione Finanziaria, che già in passato, con la nota n. 500540/73, richiamata nella risposta all’interpello, aveva chiarito che le previsioni di cui alla Tabella A hanno carattere tassativo, per cui non è possibile estendere per analogia il beneficio dell’aliquota ridotta a beni aventi una destinazione diversa da quella specificatamente indicata. L’Agenzia conclude ribadendo che le cessioni degli animali destinati al ripopolamento devono essere assoggettate all’aliquota del 22%, in quanto l’alimentazione umana non rappresenta la destinazione degli animali acquistati per il ripopolamento.