Dal 1.04.2025 è ufficialmente entrata in vigore la nuova classificazione delle attività economiche Ateco 2025, con implicazioni dirette su dichiarazioni fiscali e pratiche amministrative.
Con la risoluzione 8.04.2025 n. 24/E, l’Agenzia delle Entrate ha illustrato gli effetti operativi della transizione dal punto di vista degli adempimenti di natura fiscale: come prima cosa, viene precisato che non è necessario presentare alcuna dichiarazione di variazione dati Iva ai sensi degli artt. 35 e 35-ter D.P.R. 633/1972, né ai sensi dell’art. 7, c. 8 D.P.R. 605/1973. Inoltre, viene precisato che i contribuenti possono verificare in autonomia il codice Ateco “aggiornato”, accedendo alla propria area riservata sul sito dell’Agenzia delle Entrate (Cassetto fiscale – Consultazioni – Anagrafica).
Dal 1.04.2025, ogni atto o dichiarazione fiscale deve riportare obbligatoriamente il nuovo codice Ateco 2025. Pertanto, i soggetti che presentano una prima dichiarazione di inizio, variazione o cessazione dell’attività dovranno utilizzare fin da subito i nuovi codici. Questo vale anche per specifici adempimenti legati a normative settoriali, come nel caso della comunicazione per accedere al credito d’imposta ZES unica.
Diverso è il canale da utilizzare a seconda della tipologia di contribuente: le imprese iscritte al Registro delle Imprese devono trasmettere la variazione attraverso la piattaforma ComUnica di Unioncamere, mentre tutti gli altri operatori devono avvalersi dei modelli dichiarativi messi a disposizione dall’Agenzia (AA5/6, AA7/10, AA9/12 o ANR/3 a seconda dei casi).
Un passaggio tecnico degno di attenzione riguarda la compilazione della dichiarazione Iva 2025 presentata dal 1.04.2025: è ammessa l’indicazione sia del vecchio che del nuovo codice Ateco, a patto di barrare la casella “Situazioni particolari” con il codice 1, come precisato dalla stessa Agenzia nella FAQ pubblicata il 5.03.2025.
Parallelamente, anche il Registro delle Imprese, dal 1.04.2025, ha avviato l’aggiornamento automatico dei codici Ateco per tutte le attività già registrate, mantenendo comunque in archivio i precedenti codici 2007-2022. Tale aggiornamento si basa sulla tabella tecnica definita dall’Istat, pubblicata nella sezione “Strumenti per l’implementazione operativa” del sito istituzionale dell’Istituto. Le nuove imprese iscritte dopo il 1.04.2025 saranno invece direttamente classificate secondo i codici Ateco 2025.
Se un’impresa non dovesse ritenere appropriato all’attività svolta il codice Ateco assegnato automaticamente, può chiedere la modifica attraverso il servizio gratuito “Rettifica Ateco 2025”, disponibile dal 15.04.2025 al 30.11.2025 sul sito https://rettificaateco.registroimprese.it. I requisiti per poter accedere a questa rettifica sono piuttosto rigorosi: l’impresa deve risultare attiva, non cancellata, non cessata, senza procedure concorsuali in corso e deve essere già stata riclassificata in tutte le unità locali. Inoltre, il codice Ateco 2007/2022 originario deve corrispondere a più codici Ateco 2025 secondo la tavola di raccordo bidirezionale dell’Istat. Non possono accedere al servizio le imprese che abbiano già presentato una richiesta di rettifica o altra pratica di modifica dell’attività. La domanda può essere inviata una sola volta per ciascuna impresa, anche se distribuita su più Province: in tal caso deve essere unica e comprensiva di tutte le sedi interessate. Va sottolineato, infine, che questa richiesta non costituisce una pratica di Comunicazione Unica, ma deve essere compilata esclusivamente attraverso il portale dedicato.
A stabilire la validità del piano di ammortamento alla francese anche ai mutui a tasso variabile è stata la Cassazione con la sentenza 19.03.2025, n. 7382, secondo cui i principi indicati dalle Sezioni Unite trovano parimenti applicazione anche nel caso in cui il tasso convenuto nel piano di ammortamento standardizzato non sia fisso ma variabile, ancorato ovviamente a un indice predeterminato, dal momento che, laddove la quota di interessi dovuta per ciascuna rata sia calcolata applicando il tasso convenuto solo sul capitale residuo, è perciò escluso l’anatocismo, e ciò che cambierà sarà solo la quantificazione degli interessi dovuti: se il tasso previsto nel mutuo con piano di ammortamento standardizzato alla francese è variabile, l’importo complessivo della rata, con la cadenza temporale di volta in volta prevista, varierà, in positivo o in negativo, in base all’andamento del tasso di interesse di riferimento, comportando di conseguenza un aumento o una riduzione della quota di interessi della rata medesima.
Ricapitolando, nel mutuo con piano di ammortamento alla francese standardizzato a tasso variabile:
– non si determina alcuna capitalizzazione degli interessi perché la quota di interessi di ogni rata viene egualmente calcolata, come nel tasso fisso, sul debito residuo del periodo precedente, costituito dalla quota capitale ancora dovuta, detratto l’importo già pagato in linea capitale con le rate precedenti;
– se il piano di ammortamento riporta la chiara e inequivoca indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, del tasso di interesse nominale (TAN) ed effettivo (TAEG), della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi, neppure sorge alcun vulnus in termini di trasparenza, giacché il mutuatario ha integrale cognizione, nei limiti di ciò che è possibile, degli elementi, giuridici ed economici, del contratto.
Né rileva, in senso contrario, che, per sua natura, il piano di ammortamento di un mutuo a tasso variabile non possa che essere indicativo, recando una mera ipotesi proiettiva dell’ammontare finale dell’importo da restituire, sulla base del tasso individuato al momento della conclusione del contratto: il mutuatario, entro detti limiti, può difatti rappresentarsi quale sarà la somma finale da restituire per interessi sulla base dell’unico parametro noto e disponibile al momento della pattuizione, effettuando quella comparazione tra le possibili offerte sul mercato, che è la principale delle facoltà in funzione delle quali il presidio della trasparenza delle condizioni opera. Salvo a non voler percorrere l’unica alternativa astrattamente praticabile, ma che si menziona evidentemente solo ad absurdum, consistente in un intervento del legislatore volto a negare in sé stessa la liceità tout court dei mutui a tasso variabile.
In conclusione, deve escludersi che la quota di interessi in ciascuna rata sia il risultato di un calcolo che li determini sugli interessi relativi al periodo precedente o che generi a sua volta la produzione di interessi nel periodo successivo, poiché il metodo alla francese è costruito in modo tale che a ogni rata il debito per interessi si estingue, a condizione ovviamente che il pagamento sia avvenuto nel termine prestabilito.
Qualora la società dovesse venire accertata in ordine a periodi d’imposta anteriori alla sua cancellazione, si pone la questione, ormai graniticamente risolta dalla Corte di Cassazione, dell’attribuzione ai soci dei cd. utili extracontabili.
Sulla base di tale presunzione di origine giurisprudenziale la Finanza è legittimata, in virtù dell’avvallo fatto scaturire dal canone della complicità tra i soci, a considerare gli utili evasi come percepiti da questi ultimi. Anche di recente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 31.07.2024, n. 21593, posteriore, quindi, all’introduzione dell’art. 7, c. 5-bis D.Lgs. 546/1992, ha ribadito la liceità della presunzione dell’attribuzione degli utili extracontabili ai soci delle cd. società a ristretta base sociale.
I soci, quindi, anche nel caso di estinzione della società, rischiano di rimanere soggetti all’insidia della rilevanza fiscale degli utili extracontabili. Come noto l’art. 28, c. 4 D.Lgs. 175/2014, testualmente recita: “Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi 5 anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle Imprese”.
Nel processo civile, l’estinzione della società costituisce un momento delicato, soprattutto quando interviene tra 2 gradi di giudizio. È proprio in questa zona d’ombra che si inserisce l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8628/2025, la quale ribadisce la validità della notifica dell’appello al legale già costituito, anche dopo la cancellazione della società, se e solo se l’evento estintivo non sia stato dichiarato o notificato nei modi previsti dagli artt. 299 e 300 c.p.c.
Il caso ha origine da un’opposizione contro 8 cartelle esattoriali per contributi e tributi. In primo grado, la società aveva ottenuto un accoglimento pieno. L’Inps aveva impugnato quella decisione notificando l’atto al difensore già costituito. Tuttavia, tra il primo e il secondo grado, la società era stata cancellata. Il dato, tuttavia, era emerso solo in seguito, senza che la controparte lo avesse notificato in forma ufficiale.
L’art. 58 D.Lgs. 546/1992, modificato dall’art. 1 D.Lgs. 220/2023, prevede il divieto di nuove prove in appello, compreso la produzione di nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado per causa a essa non imputabile.
Al comma 2, il divieto viene esteso anche ai motivi aggiunti, con la sola eccezione della sopravvenuta conoscenza di documenti non prodotti in primo grado che compromettano la legittimità dell’atto impugnato. Inoltre, al comma 3, vi è il divieto assoluto di deposito di deleghe, procure e altri atti di conferimento di poteri rilevanti ai fini della legittimità della sottoscrizione degli atti, delle notifiche dell’atto impugnato ovvero degli atti che ne costituiscono presupposto di legittimità che possono essere prodotti in primo grado.
Dalla lettura dell’articolo si evince la sua portata fortemente limitativa all’ampliamento dei mezzi di prova in appello.
L’Amministrazione Finanziaria, con la risoluzione 3.04.2025, n. 23/E, ha fornito importanti chiarimenti circa la tassazione, ai fini dell’imposta di registro, di un atto di “costituzione” del diritto di superficie su terreni agricoli ai sensi dell’art. 1, c. 1, della Tariffa, Parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (TUR), approvato con D.P.R. 26.04.1986, n. 131.
Il diritto di superficie è disciplinato dall’art. 952 e ss. c.c. In particolare, l’art. 952 (rubricato “Costituzione del diritto di superficie”) prevede, al comma 1, che “Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà” e, al comma 2, che “Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo”.
La NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è un’indennità di disoccupazione introdotta dal D.Lgs. 22/2015, destinata ai lavoratori subordinati che hanno perso involontariamente l’occupazione. Spetta a chi ha almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni e 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti la cessazione. L’importo è calcolato sulla retribuzione media e si riduce progressivamente dopo il 4° mese. La durata massima è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni.
L’Inps, con la circolare 23.11.2017, n. 174 e il messaggio 28.04.2022, n. 1800, ha fornito i dettagli sulla compatibilità delle indennità NASpI con alcune tipologie di attività lavorativa e di reddito.
È possibile che un lavoratore voglia intraprendere una nuova attività e far parte di una società. Il lavoratore può diventare amministratore, consigliere o sindaco di una società di capitale oppure diventare il socio di una società di persone o società di capitali.
Il bando ISI Inail offre un contributo a fondo perduto per le imprese italiane, pari al 65% delle spese ammissibili, con un importo massimo di 130.000 euro. Questo incentivo è destinato a promuovere progetti che migliorano la salute e la sicurezza dei lavoratori in azienda, consentendo di affrontare problematiche come la rimozione di amianto, la sostituzione di macchinari obsoleti o la riduzione dei rischi legati al sollevamento di carichi pesanti.
Inoltre, il bando ISI Inail Agricoltura supporta le micro e piccole imprese agricole nell’acquisto di attrezzature innovative per migliorare la sicurezza e l’efficienza.
Il bando è aperto a tutte le imprese italiane, comprese quelle individuali, che siano iscritte alla Camera di Commercio, ma anche enti del Terzo settore, come associazioni di volontariato e imprese sociali, per determinate linee di finanziamento. Per partecipare, le imprese devono:
– avere un’unità produttiva attiva nella Regione per la quale si propone il progetto;
– essere iscritte nel Registro delle Imprese o all’Albo delle Imprese Artigiane;
Il legislatore della riforma tributaria è intervenuto anche sulle disposizioni del processo tributario con il D.Lgs. 220/2023. In particolare, per tutti i giudizi instaurati con ricorso notificato dopo il 1.09.2024, occorre tenere presente di una nuova norma aggiunta al D.Lgs. 546/1992. Si tratta dell’art. 25-bis, c. 5-bis, che prevede che: “Il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità all’originale”.
La funzione della norma, nell’ambito del processo telematico e delle regole tecniche, è stata oggetto di attenzione e preoccupazione tra i difensori tributari. Tra i vari profili di analisi non manca chi ha evidenziato che la formulazione parrebbe suggerire che il difensore debba attestare di avere a disposizione l’originale del documento che si intende produrre in giudizio e la conformità della copia digitale depositata a detto originale.
Contributo in conto interessi per agevolare gli iscritti in ambito professionale e familiare per la sottoscrizione di finanziamenti e mutui – La misura ha uno stanziamento complessivo di 2 milioni di euro.
L’iniziativa prevede l’erogazione di un contributo a favore degli iscritti che hanno sostenuto nel 2024 una spesa per interessi passivi a seguito della sottoscrizione di un finanziamento/mutuo nel 2024 o in anni precedenti, in ambito professionale o familiare.
I beneficiari sono i dottori commercialisti iscritti alla Cassa al 31.12.2025, non titolari di pensione diretta della Cassa (anche pensionati in regime di totalizzazione e cumulo), a eccezione dei pensionati di invalidità in attività.