Accertamento, riscossione e contenzioso
06 Febbraio 2024
Per la Cassazione (sent. n. 34890/2013), il termine di prescrizione del diritto annuale dovuto alla Camera di Commercio è quinquennale anche se il debito è portato da una cartella di pagamento.
Una contribuente impugnava un’intimazione di pagamento dell’agente della riscossione, afferente ai diritti annuali dovuti alla Camera di Commercio, lamentando la prescrizione delle somme dovute essendo trascorso un quinquennio dalla notificazione delle cartelle di pagamento presupposte.
La questione attinente all’individuazione del termine di prescrizione giungeva, fra le altre, davanti alla Corte di Cassazione la quale riaffermava, preliminarmente, la natura di tributo del diritto camerale ad opera dell’art. 13 della legge Finanziaria per il 2003 (L. 289/2002) avendo l’art. 13, c. 3 (Definizione dei tributi locali) stabilito che “ai fini delle disposizioni del presente articolo, si intendono tributi propri delle Regioni, delle Province e dei Comuni i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ed addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali”.
Individuata la natura del diritto camerale, la Corte di Cassazione ricordava che esso è disciplinato dall’art. 18 L. 580/1993 il quale prevede che esso, finalizzato al finanziamento ordinario delle Camere di Commercio, sia versato con cadenza annuale.
Il diritto camerale è assimilabile a quei tributi aventi cadenza periodica, ogni anno o in termini più brevi configurandosi alla stregua di un’obbligazione periodica o di durata, per la quale trova applicazione l’art. 2948, n. 4 c.c., il quale prevede la prescrizione quinquennale. Tali tributi non richiedono, quanto alla sussistenza dei relativi presupposti, una valutazione autonoma per ogni anno di imposta, assumendo, oltre alla suindicata periodicità, il versamento annuale in un’unica soluzione e il fatto che il presupposto per il sorgere dell’obbligo di pagamento sia la mera iscrizione dell’impresa nel registro delle imprese.
Tali conclusioni trovano fondamento nell’univoco indirizzo della medesima Corte (Cass. nn. 4283/2010, 26013/2014) più recentemente ribadito dalle Sezioni Unite (Cass. n. m23397/2016) le quali hanno affermato che il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.
Infine, l’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale al credito derivante dal diritto camerale si fonda, infine, sulla previsione del corrispondente termine fissato, in via generale, per l’irrogazione delle sanzioni dall’art. 20, c. 3 D.Lgs. 472/1997 e, con specifico riferimento a quelle dovute per omesso versamento dei diritti camerali, dall’art. 10 D.M. 54/2005, secondo cui l’atto di irrogazione delle sanzioni deve essere notificato a pena di decadenza entro il 31.12 del 5° anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione ed il diritto alla riscossione della sanzione si prescrive nel termine di 5 anni a decorrere dalla data della notificazione dell’atto d’irrogazione.